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Edward Hopper’s Nighthawks remains today one of the most iconic works of American Realism, with its elevation of a seemingly banal diner scene.
Autoritratto Edward Hopper (1882-1967) , pittore americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea, già all'età di 15 anni si cimenta col disegno, cosicchè i suoi genitori lo incoraggiano a leggere riviste e libri sull'arte. Il primo quadro lo dipinge all'età di 13 anni. Nel 1906 inizia a viaggiare per l'Europa e sosta a Parigi e in Spagna; nel 1910 si è perfezionata la sua tecnica di luci ed ombre, la descrizione degli interni ed il tema della solitudine diventa centrale quando rientra negli Stati Uniti.I suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. "Se potessi scriverlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo" "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo" "Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura". "L'arte americana non deve essere americana, deve essere universale. Non deve dare importanza ai propri caratteri nazionali, locali o regionali. Tanto non si può comunque prescindere da quei caratteri. Basta essere se stessi per mostrare necessariamente la razza e la cultura a cui si appartiene, con tutte le proprie caratteristiche."
Autoritratto Edward Hopper (1882-1967) , pittore americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea, già all'età di 15 anni si cimenta col disegno, cosicchè i suoi genitori lo incoraggiano a leggere riviste e libri sull'arte. Il primo quadro lo dipinge all'età di 13 anni. Nel 1906 inizia a viaggiare per l'Europa e sosta a Parigi e in Spagna; nel 1910 si è perfezionata la sua tecnica di luci ed ombre, la descrizione degli interni ed il tema della solitudine diventa centrale quando rientra negli Stati Uniti.I suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. "Se potessi scriverlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo" "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo" "Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura". "L'arte americana non deve essere americana, deve essere universale. Non deve dare importanza ai propri caratteri nazionali, locali o regionali. Tanto non si può comunque prescindere da quei caratteri. Basta essere se stessi per mostrare necessariamente la razza e la cultura a cui si appartiene, con tutte le proprie caratteristiche."
Autoritratto Edward Hopper (1882-1967) , pittore americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea, già all'età di 15 anni si cimenta col disegno, cosicchè i suoi genitori lo incoraggiano a leggere riviste e libri sull'arte. Il primo quadro lo dipinge all'età di 13 anni. Nel 1906 inizia a viaggiare per l'Europa e sosta a Parigi e in Spagna; nel 1910 si è perfezionata la sua tecnica di luci ed ombre, la descrizione degli interni ed il tema della solitudine diventa centrale quando rientra negli Stati Uniti.I suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. "Se potessi scriverlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo" "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo" "Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura". "L'arte americana non deve essere americana, deve essere universale. Non deve dare importanza ai propri caratteri nazionali, locali o regionali. Tanto non si può comunque prescindere da quei caratteri. Basta essere se stessi per mostrare necessariamente la razza e la cultura a cui si appartiene, con tutte le proprie caratteristiche."
Hollywood made him famous, but that was just one of his aspects. He also championed artists, and made art as well. As an exhibition of his work opens at MOCA, he is remembered by some who knew him.
“Easy Sunday Jo Hopper as painted by husband Ed. #Art #art #painting #artist”
Autoritratto Edward Hopper (1882-1967) , pittore americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea, già all'età di 15 anni si cimenta col disegno, cosicchè i suoi genitori lo incoraggiano a leggere riviste e libri sull'arte. Il primo quadro lo dipinge all'età di 13 anni. Nel 1906 inizia a viaggiare per l'Europa e sosta a Parigi e in Spagna; nel 1910 si è perfezionata la sua tecnica di luci ed ombre, la descrizione degli interni ed il tema della solitudine diventa centrale quando rientra negli Stati Uniti.I suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. "Se potessi scriverlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo" "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo" "Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura". "L'arte americana non deve essere americana, deve essere universale. Non deve dare importanza ai propri caratteri nazionali, locali o regionali. Tanto non si può comunque prescindere da quei caratteri. Basta essere se stessi per mostrare necessariamente la razza e la cultura a cui si appartiene, con tutte le proprie caratteristiche."
Autoritratto Edward Hopper (1882-1967) , pittore americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea, già all'età di 15 anni si cimenta col disegno, cosicchè i suoi genitori lo incoraggiano a leggere riviste e libri sull'arte. Il primo quadro lo dipinge all'età di 13 anni. Nel 1906 inizia a viaggiare per l'Europa e sosta a Parigi e in Spagna; nel 1910 si è perfezionata la sua tecnica di luci ed ombre, la descrizione degli interni ed il tema della solitudine diventa centrale quando rientra negli Stati Uniti.I suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. "Se potessi scriverlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo" "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo" "Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura". "L'arte americana non deve essere americana, deve essere universale. Non deve dare importanza ai propri caratteri nazionali, locali o regionali. Tanto non si può comunque prescindere da quei caratteri. Basta essere se stessi per mostrare necessariamente la razza e la cultura a cui si appartiene, con tutte le proprie caratteristiche."
As the RA prepares for ‘Dennis Hopper: The Lost Album’, Honorary Royal Academician Ed Ruscha reflects on his friendship with the legendary actor, director and photographer in 1960s Los Angeles and …
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Works by Hopper. A photo gallery dedicated to Edward Hopper. The main works of the American artist and his essential painting.
Hopper Drawing by Carter E Foster. 2013, Whitney Museum of American Art. 1st Ed hardcover with dust jacket. This monograph was prepared to accompany the exhibition at the Whitney Museum of American Art, from May 23 to October 6, 2013. The exhibition then traveled to Dallas and finally to the Walker Art Center in 2014. The book was owned by Herbert Kasper and inscribed by the author to him. Herbert Kasper was an American fashion designer known as Kasper. He studied English and advertising at New York University and fashion at the Parsons School of Design in New York from 1951–53 and l'Ecole de la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne in 1953. He left NYU to serve in the US Army in Europe. After World War II he enrolled at Parsons, where he became a protégé of milliner Fred Frederics. After graduating, he returned to Paris for two years developing his skills in design while working for Jacques Fath, Christian Dior, and Marcel Rochas. When he returned to the US, he worked for Frederics at Mr. John. He was an avid art collector, and in 2011, the Morgan Library and Museum devoted an exhibition, called "Mannerism and Modernism: The Kasper Collection of Drawings and Photographs,” to the designer. Hopper Drawing is the first major museum exhibition to focus on the drawings and creative process of Edward Hopper (1882–1967). More than anything else, Hopper's drawings reveal the continually evolving relationship between observation and invention in the artist's work, and his abiding interest in the spaces and motifs--the street, the movie theatre, the office, the bedroom, the road—that he would return to throughout his career as an artist. This exhibition showcases the Whitney's unparalleled collection of Hopper's work, which includes over 2,500 drawings bequeathed to the museum by his widow Josephine Hopper, many of which have never before been exhibited or researched. The exhibition surveys Hopper's significant and underappreciated achievements as a draftsman, and pairs many of his greatest oil paintings, including Early Sunday Morning (1930), New York Movie (1939), Office at Night (1940), and Nighthawks (1942), with their preparatory drawings and related works. This exhibition also features groundbreaking archival research into the buildings, spaces and urban environments that inspired his work. Although Hopper is primarily known for his oil paintings, this important publication is the first comprehensive exploration of his drawings and working methods. In 1967, Hopper's widow, Josephine Nivison Hopper, bequeathed her husband's artistic estate to the Whitney Museum of American Art, including a fascinating collection of more than 2,500 drawings spanning his entire career. This group of works has never been the subject of in-depth study and many have never been reproduced before. Hopper kept these drawings for personal reference as he revisited various themes throughout his career. Carter E. Foster examines how Hopper used his drawings to develop his paintings, arguing that the artist's work can only be fully understood after careful study of these preparatory sketches. Foster also argues that Hopper was, in many ways, a traditional draftsman who methodically developed schematic ideas into detailed studies to refine content. However, the steps toward this refinement are unique to Hopper and reveal how he turned the mundane into poetic images with universal appeal. NPT Books, a division of Trent Antiques, has a large collection of used and out of print books on art, architecture, decoration and antiques with a focus on 1st editions, signed and limited editions.
Pandemic or not, the artist’s masterly paintings explore conditions of aloneness as proof of belonging, Peter Schjeldahl writes.
Autoritratto Edward Hopper (1882-1967) , pittore americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea, già all'età di 15 anni si cimenta col disegno, cosicchè i suoi genitori lo incoraggiano a leggere riviste e libri sull'arte. Il primo quadro lo dipinge all'età di 13 anni. Nel 1906 inizia a viaggiare per l'Europa e sosta a Parigi e in Spagna; nel 1910 si è perfezionata la sua tecnica di luci ed ombre, la descrizione degli interni ed il tema della solitudine diventa centrale quando rientra negli Stati Uniti.I suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. "Se potessi scriverlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo" "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo" "Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura". "L'arte americana non deve essere americana, deve essere universale. Non deve dare importanza ai propri caratteri nazionali, locali o regionali. Tanto non si può comunque prescindere da quei caratteri. Basta essere se stessi per mostrare necessariamente la razza e la cultura a cui si appartiene, con tutte le proprie caratteristiche."
Autoritratto Edward Hopper (1882-1967) , pittore americano famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea, già all'età di 15 anni si cimenta col disegno, cosicchè i suoi genitori lo incoraggiano a leggere riviste e libri sull'arte. Il primo quadro lo dipinge all'età di 13 anni. Nel 1906 inizia a viaggiare per l'Europa e sosta a Parigi e in Spagna; nel 1910 si è perfezionata la sua tecnica di luci ed ombre, la descrizione degli interni ed il tema della solitudine diventa centrale quando rientra negli Stati Uniti.I suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. "Se potessi scriverlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo" "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo" "Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura". "L'arte americana non deve essere americana, deve essere universale. Non deve dare importanza ai propri caratteri nazionali, locali o regionali. Tanto non si può comunque prescindere da quei caratteri. Basta essere se stessi per mostrare necessariamente la razza e la cultura a cui si appartiene, con tutte le proprie caratteristiche."
Emanating a rousing melange of poignant solitude and mesmerizing beauty, our newest addition scintillates with the influencer's presence – the illustrious Edward Hopper. Known for his knack for encapsulating raw emotion in serene frames, Hopper's essence is palpable in this captivating rendition, titled 'Night Depot'. Painted on a broad canvas, the artwork sets a mesmerizing mise-en-scene of a train station; a background often employed by Hopper to portray the angst of urban life. Capturing the viewer's gaze is the solitary figure, a staple motif in Hopper's oeuvre, embodying the sense of isolation and introspection that is a leitmotif of our contemporary society. Hopper's overarching narrative of solitude in mass urbanity is ingeniously woven into the very warp and weft of the canvas through skillful brush-work. The solitude is depicted not as a pure absence, but dualistically, both a void, and yet a presence; an enigma that adds a degree of dynamism to the otherwise static ambiance. The canvas is drenched in a spectrum of predominantly nocturnal hues, blending seamlessly into each other to suggest the lingering shadows of the night. Bold, vibrant slabs of indigo, navy, and cobalt blue merge harmoniously into more muted tones of gray and black, skillfully capturing the ephemeral nature of the dimly lit train depot. The stark interplay of light and shadow infuses a dramatic edge, enhancing the emotional gravity of the scene. Simultaneously utilitarian and aesthetic, the incandescent bulbs lining the station, flooding the lone figure with a halo of light, become not just elements of the scenery, but metaphorical reflections of the individual's journey on life's track- glowing, dimming, and glowing yet again. As the embodiment of contemporary anguish and hope, 'Night Depot', thus, becomes more than a mere representation; it transforms into an immersive narrative of modern existence that resonates with all. Its structural integrity, combined with its masterful color play, ensures that 'Night Depot' seizes the viewer's gaze. It encapsulates an experience that is inherent to us all, thus becoming an insightful mirror to the viewer's self. Intrinsically sensitive yet visually riveting, the canvas unravels the subtleties of solitude, encouraging the viewer to delve deeper into the emotive contours of the artwork and hence, life itself. 'Night Depot' henceforth stands tall as an indispensable jewel in our gallery, chronicling our nuanced journey across the shifting tracks of humanity.